"Tessere un bozzolo con il filo di seta della propria anima,
farsi crisalide e attendere la trasformazione"
August Strindberg [45]
Durante la sperimentazione in palestra a volte può succedere che situazioni a lungo stagnanti si sblocchino quando si pone un panno sulle spalle. In un attimo l’individuo si sente investito di un ruolo e la situazione evolve; per chi intende recitare una parte è necessario “mettersi nei panni” del personaggio.
Questo è un rituale che le più diverse culture mantengono da centinaia di secoli. Ricordo la toga del magistrato o la stola del sacerdote; lo stesso camice del medico è una trasposizione che soltanto a posteriori ha giustificato igienicamente la pelliccia dello sciamano.
Questi non sono che esempi e ci mostrano come, da che mondo è mondo, l’abito non solo è segno di prestigio, ma indica un ruolo sociale, un’identità. Che l’abito non faccia il monaco può anche essere vero, ma è altrettanto vero che nell’immaginario collettivo, un saio rimanda subito ad una ben definita parte impersonata nella rappresentazione sociale.
Perciò, come trascurare questo aspetto nell’elaborazione di un percorso teatrale, tanto più quando effettuato in un centro socio educativo?
Il laboratorio di tessitura ha raggiunto ottimi risultati dal punto di vista squisitamente tecnico, e a questo punto entra in gioco un ulteriore passaggio: elaborando le competenze acquisite, si definisce un vero e proprio laboratorio di sartoria nel quale dal momento della creazione dei tessuti si passa alla realizzazione dei costumi di scena per lo spettacolo teatrale.
Rispettando le indicazioni e le esigenze della coreografia e della scenografia si affrontano i passaggi di ideazione, costruzione e confezione dei costumi.
Il costume si abbozza, si taglia, si prova e riprova guardandosi allo specchio e facendosi guardare, ammirare. È tutto molto stimolante!
L’attività rinnovata diventa sempre più gratificante; il focalizzare l’attenzione sul come stiamo lavorando, accresce l’interesse. Ai momenti strettamente produttivi subentra un momento più creativo, [46] e la scelta di filati e tessuti avviene assieme, con un senso di solidarietà. Si lavora in gruppo e anche l'impressione di isolamento che temevo, è superata. Collaborazione e scambio entrano a far parte del 'come' e del 'quando' lavoriamo, perché il fatto di modificare le regole senza snaturare il lavoro, esige una attenzione mirata alla funzione del tessuto. A seconda di come si monta l'ordito per costruire un costume, la concentrazione si sposta così dal pezzo lavorato allo schema corporeo per caratterizzare i personaggi emersi da vissuti emozionali.
Nella sperimentazione di nuove regole si alimenta la creatività, permettendo di ricavare da un incrocio di materiali forme e colori nuovi e di ordinare ciò che sembra disgregato e confuso, riconoscendo nella tessitura un mezzo che aiuta a ‘non disperdere’ e a prestare più attenzione al mondo circostante. Con questo atteggiamento consideriamo che tutto si può tessere purché si possa intrecciare nei fili o costituisca una successione di elementi collegati tra loro. Come ogni materiale può essere utilizzato, così ogni struttura e ogni forma che permetta di tendere dei fili può fungere da telaio.
Questo nuovo modo di lavorare stimola sensazioni di apertura e la ricerca di nuovi equilibri. Simbolicamente, tanto la trasparenza di alcuni tessuti, quanto l’utilizzo di colori sgargianti, riportano alla trasparenza e alla visibilità delle emozioni. È uno studio esattamente parallelo a quello compiuto nei momenti di espressione corporea.
Ciò che caratterizza questi aspetti della lavorazione è l’atteggiamento con il quale viene affrontata. È la disposizione particolare di chi si costruisce una casa per poterci vivere bene. Fino a giungere all’impegno del baco che costruisce il suo bozzolo, ben sapendo, nei labirinti più profondi di sé, che ne uscirà del tutto trasformato. Morirà, il baco, per uscirne farfalla!