Introduzione
L'esercizio della consapevolezza rispetto al punto in cui ci troviamo della nostra storia professionale, è una pratica che se correttamente condotta, risulta essere altamente professionalizzante.
Non si tratta solo, infatti, di differenziare i propri vissuti, nominando emozioni, sentimenti, affetti ed attribuendo loro un "dentro" ed un "fuori" e situandoli in un tempo "proprio" od "altrui", ma si tratta anche di un tentativo diretto od indiretto di produzione culturale. Molte volte viene da chiederci, riflettendo sul proprio o sull'altrui modo di lavorare, a quale "teoria" noi abbiamo imparato a riferirci per leggere ed annodare tra loro i fatti della nostra professione. Talvolta avviene, come nei viaggi, che è proprio il momento della separazione, del ritorno o della partenza per altre mete ad aprire degli squarci insoliti su paesaggi che sul momento avevamo appiattito nel quotidiano orizzonte.
Invito perciò il lettore ad utilizzare, innanzi tutto, una lente autobiografica nell'accostarsi a questo saggio.
È, infatti, presente nelle pagine che vi accingete a leggere una trama in cui si intrecciano gli avvenimenti di una storia professionale e non solo, con le riflessioni, gli approfondimenti, la ricerca del senso, la "fondazione" di una propria "teoria di riferimento" che come tale può persino in alcuni passaggi risultare opinabile, ma sicuramente ricca di spunti e supportata da un'operazione (anche etimologica) di buon spessore culturale.
Non me ne voglia l'autore se io sottolineo le tracce autobiografiche a discapito forse della profondità o dell'interesse scientifico, ma nella mia storia professionale ho incontrato molti "eruditi esperti", ma pochi operatori che accettino la fatica della "scrittura" non tanto e non solo per comunicare ad altri risultati, ma semplicemente al fine di documentare il percorso del loro "apprendere dall'esperienza".
Sicuramente per apprendere si è trattato qui di andare oltre la superficie.
Là dove in un Centro Diurno per disabili uno sguardo non allenato non scorge altro se non azioni che scandiscono una routine (l'accogliere, il proporre delle attività, lo scherzare, l'accomiatarsi…) l'occhio attento coglie in un gesto minimo un segnale di …ed è come se aprisse spazi di speranza negli interstizi di una superficie mortalmente ferma.
L'attività di "mettere ordine" fra gli apprendimenti di un pezzo di storia professionale non si riduce qui nell'annodare quali fili i vari momenti di vita del Centro in una trama esteticamente tranquillizzante.
La ricerca del senso che accompagna l'operazione rimette, infatti, in gioco il proprio " essere" individuo ed il proprio "esserci " come operatore e come operatori: scombina le carte e pone delle questioni. Non vengono approfondite solo varie attività affrontate per tipologia, si evidenziano altresì le problematiche della ricerca (la ricerca artigianale, la ricerca teatrale).
La discrezionalità dell'intervento che tante volte lamentiamo in ambito sociale ed educativo, trova un suo limite nell'approfondimento di cui l'autore si fa portatore, ma nella stesso tempo riemerge quale creatività nell'autenticità di un incontro relazionale con la singola persona disabile.
Mi viene in mente quello che Castaneda fece dire in uno dei suoi libri al suo protagonista principale quando indicò all'allievo quale criterio per scegliere fra i diversi percorsi esistenziali: la presenza o meno del "cuore" nell'alternativa che si va a scegliere.
In questo percorso professionale di cuore ce n'è molto.
Se "cuore" è anche sinonimo di "calore", allora l’augurio è che le pagine che andrete a leggere scaldino un po' il vostro percorso professionale, qualsiasi sia la strada che avete deciso di intraprendere.
Enzo Salvagno